Le barbatelle sono uno dei fiori all’occhiello della nostra attività, allevate con cura e dedizione nei nostri vivai

Parola d’ordine: barbatelle. Questo strano e curioso nome porta con sé, in realtà, una storia di lotte e travagli che ebbe inizio alla fine dell’Ottocento, a causa di uno dei più tremendi flagelli mai patiti fino a quel momento dai vignaioli: la filossera.

La filossera, originaria dell’America, è un afide che si nutre di linfa e attacca le radici della vite, svolgendo a mo’ di parassita, il suo intero ciclo di vita: dalle foglie, dove depone le uova, alle radici, dove inizia a generare danni. Tra questi, alcune voluminose escrescenze che alterano e indeboliscono la pianta, facilitandone l’attacco da parte di altri infestanti e portandola, nel giro di pochi anni, alla morte. La fillossera distrusse buona parte del patrimonio genetico agrario del Piemonte: Langhe e Monferrato passarono dagli allora 120 mila ettari vitati agli attuali 43 mila ettari circa.

Per sconfiggere la fillossera, dal momento in cui questo insetto giungeva dall’America, i botanici ricorsero a una diversa specie di vite – americana per l’appunto – che per sua natura era resistente all’attacco dei parassiti. Incrociarono quindi, tramite l’uso di innesti e portainnesti, le piante nostrane con quelle d’oltreoceano e ne ottennero un esemplare più forte.

Le barbatelle nella nostra azienda

Qui all’Azienda Agricola Barberis utilizziamo portainnesti ottenuti da un legno selvatico appartenente a una varietà di vite americana che, per sua natura, non porta frutto. Li coltiviamo direttamente nel terreno durante il periodo invernale e, una volta pronti, li tagliamo dalla pianta madre legandoli in fascine e conducendoli in azienda dove verranno lavorati e, infine, innestati.

Per eliminare le gemme, ricorriamo a un macchinario specifico dopodiché spezzoniamo i rami sgemmati in tagli da 40 centimetri ciascuno, lasciando soltanto la gemma basale. Di questi legni, scegliamo solo i migliori, i quali andranno poi ad ospitare le marze, porzioni di ramo della vite provvisti di una o più gemme e selezionati direttamente dalle potature effettuate sulle viti esistenti.

Con l’ausilio di un macchinario dotato di un attrezzo apposito con taglio ad omega, le marze vengono inserite sul portainnesto. Si procede poi con la paraffinatura, ovvero l’inserimento dell’innesto in una vasca piena di paraffina, sostanza che lo proteggerà dalle malattie fungine. Le barbatelle così paraffinate vengono successivamente disposte a strati alterni all’interno di casse cosiddette “di forzatura”, con aggiunta di segatura umida che ne induce il processo di germogliamento. Il tutto rigorosamente a temperatura e umidità controllate. Quando, infine, dall’estremità tagliata si sviluppano le radici, la cosiddetta “barba”, il tralcio iniziale divenuto così barbatella è autonomo a tutti gli effetti e può essere messo a dimora per creare il futuro vigneto.

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